

R. – La situazione è molto confusa, perché negli ultimi giorni c’è stato un forte scambio di ostilità tra Gaza e Israele. La situazione è preoccupante sia da un punto di vista militare generale, sia da un punto di vista politico, perché c’è in questo momento una fortissima tensione tra Hamas e l’Olp, che controlla invece il West Bank in vista delle elezioni palestinesi. Inoltre su Gaza c’è una sorda guerra diplomatica a causa delle conseguenze, che Israele considera nefaste, del Rapporto Goldstone che accusava Israele di aver deliberatamente avuto come obiettivo i civili di Gaza durante l’“Operazione Piombo Fuso”. Pochi giorni fa il giudice ha parzialmente ritrattato parte del suo rapporto, dicendo che l’obiettivo dei civili non era “politica deliberata” dell’“Operazione Piombo Fuso”.
D. – Quali effetti potrebbe avere questa parziale modifica del Rapporto Goldstone?
R. – Lo Stato di Israele sarebbe assolto dall’accusa di aver provocato uno spropositato numero di vittime civili durante la guerra di Gaza di due anni fa e che, quindi, lo Stato ebraico si sentirebbe più libero di rispondere ad eventuali azioni di Hamas o della Jihad islamica di Gaza, come ci sono state, senza doversi difendere preventivamente sul piano diplomatico.
D. - Il fatto che in questo momento la vicenda mediorientale sia una partita soltanto tra Israele e Hamas tiene lontana la comunità internazionale dall’impegnarsi in una mediazione più efficace?
R. – La Comunità internazionale, in questo momento, non può mediare efficacemente perchè non c’è in questo momento un referente palestinese unico e neanche legittimato: sia il Parlamento palestinese, sia il presidente Abu Mazen sono “scaduti” da un anno o addirittura due anni. Bisogna allora aspettare le prossime elezioni – che dovrebbero essere a settembre – per aver un interlocutore palestinesi o, forse, due.
D. – La situazione siriana e i rivolgimenti contro il regime di Damasco possono in qualche modo influire?
R. – Moltissimo. Israele – tutto sommato – fa il 'tifo' per l’attuale regime siriano, perché teme che una nuova Siria possa rimettere in discussione la questione libanese, che è già fluida di suo, e quindi rafforzare in qualche modo hezbollah, in Libano. Questo Paese viene visto da Israele come collegato ad Hamas, nella Striscia di Gaza. L’instabilità della Siria è un gravissimo problema per Israele anche perché minaccia direttamente un altro Paese, la Giordania, che già di per sé ha un equilibrio assai precario. (mg)
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