domenica 10 aprile 2011

Un approccio politico alla questione nucleare

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In questi giorni di apprensione per le note vicende giapponesi, la linea prevalente di opposizione all’uso dell’energia nucleare è quella di sottolinearne i rischi sanitari connessi alle emissioni radioattive conseguenti a gravi incidenti, che la breve storia dell’industria nucleare ha dimostrato più probabili di quanto si volesse far credere.
Non è che questo approccio sia sbagliato, per carità, è giusto far riflettere l’opinione pubblica sulle possibili incontrollabili conseguenze del ricorso al nucleare, soprattutto con l’approssimarsi di un momento decisionale importante come quello del referendum abrogativo che si svolgerà in Italia a Giugno. Però ritengo che bisognerebbe fare una riflessione più approfondita e più a lungo termine.
Siamo proprio certi che l’atteggiamento prevalente nell’elettorato sarà costantemente di rifiuto della tecnologia nucleare, per timore dei rischi alla salute? L’esperienza concreta ci induce a credere che non è così scontato. Prendiamo il caso della mobilità: si tratta di un’attività umana tra le più rischiose a livello sanitario. Tutti sono consapevoli degli spaventosi livelli di mortalità e morbilità connessi all’uso dell’automobile, sia a causa degli incidenti stradali che dell’inquinamento atmosferico. Eppure la gravità del rischio ha un grado elevato di accettabilità sociale, rispetto ad altre attività con impatti sanitari molto inferiori.
Evidentemente, a livello subliminale le masse consumistiche hanno interiorizzato, a torto o a ragione (secondo me a torto), la convinzione che il rischio sanitario sia ampiamente compensato da altri vantaggi e comodità. In altre parole, non è automatico che l’eventualità di un danno sanitario collegato ad un’attività umana sia un fattore escludente, ma ciò discende solo da un processo mentale di bilanciamento dei suoi costi e benefici. A livello generale, ciò corrisponde alla convinzione, più diffusa di quanto si creda nelle società occidentali, che l’inquinamento ambientale sia il prezzo da pagare al benessere e al progresso.
Quindi, nulla può escludere che, quando la disponibilità di risorse energetiche sarà sempre più scarsa e determinerà forzatamente un minore uso delle tecnologie che rendono tanto comoda la nostra vita, la maggioranza dell’opinione pubblica si orienterà favorevolmente all’uso del nucleare. E noi, “adoratori del picco” sappiamo benissimo che questo momento è molto più vicino di quanto comunemente si pensi.
Allora, un’opposizione più efficace all’energia nucleare attualmente non può che essere fondata sull’analisi dei rischi industriali del suo uso, principalmente collegati ai costi di produzione e alla disponibilità mondiale di risorse minerarie di uranio.
Ma anche l’argomento della non competitività economica della tecnologia nucleare può valere solo in una situazione di agevole disponibilità di alternative energetiche. In una situazione di scarsità, nulla potrebbe impedire per motivi strategici agli Stati nazionali di sovvenzionare l’industria nucleare per rendere più conveniente l’investimento dei privati.
Quindi, l’unico limite veramente insuperabile dell’energia nucleare, almeno nella versione tecnologica attuale, è la consistenza delle risorse di uranio e l’argomento più efficace contro i progetti di costruzione di nuove centrali è a mio parere il rischio, più volte discusso su queste pagine elettroniche, di indisponibilità del combustibile durante il loro ciclo di vita.

In questi giorni di apprensione per le note vicende giapponesi, la linea prevalente di opposizione all’uso dell’energia nucleare è quella di sottolinearne i rischi sanitari connessi alle emissioni radioattive conseguenti a gravi incidenti, che la breve storia dell’industria nucleare ha dimostrato più probabili di quanto si volesse far credere.

Non è che questo approccio sia sbagliato, per carità, è giusto far riflettere l’opinione pubblica sulle possibili incontrollabili conseguenze del ricorso al nucleare, soprattutto con l’approssimarsi di un momento decisionale importante come quello del referendum abrogativo che si svolgerà in Italia a Giugno. Però ritengo che bisognerebbe fare una riflessione più approfondita e più a lungo termine.

Siamo proprio certi che l’atteggiamento prevalente nell’elettorato sarà costantemente di rifiuto della tecnologia nucleare, per timore dei rischi alla salute? L’esperienza concreta ci induce a credere che non è così scontato. Prendiamo il caso della mobilità: si tratta di un’attività umana tra le più rischiose a livello sanitario. Tutti sono consapevoli degli spaventosi livelli di mortalità e morbilità connessi all’uso dell’automobile, sia a causa degli incidenti stradali che dell’inquinamento atmosferico. Eppure la gravità del rischio ha un grado elevato di accettabilità sociale, rispetto ad altre attività con impatti sanitari molto inferiori.

Evidentemente, a livello subliminale le masse consumistiche hanno interiorizzato, a torto o a ragione (secondo me a torto), la convinzione che il rischio sanitario sia ampiamente compensato da altri vantaggi e comodità. In altre parole, non è automatico che l’eventualità di un danno sanitario collegato ad un’attività umana sia un fattore escludente, ma ciò discende solo da un processo mentale di bilanciamento dei suoi costi e benefici. A livello generale, ciò corrisponde alla convinzione, più diffusa di quanto si creda nelle società occidentali, che l’inquinamento ambientale sia il prezzo da pagare al benessere e al progresso.

Quindi, nulla può escludere che, quando la disponibilità di risorse energetiche sarà sempre più scarsa e determinerà forzatamente un minore uso delle tecnologie che rendono tanto comoda la nostra vita, la maggioranza dell’opinione pubblica si orienterà favorevolmente all’uso del nucleare. E noi, “adoratori del picco” sappiamo benissimo che questo momento è molto più vicino di quanto comunemente si pensi.
Allora, un’opposizione più efficace all’energia nucleare attualmente non può che essere fondata sull’analisi dei rischi industriali del suo uso, principalmente collegati ai costi di produzione e alla disponibilità mondiale di risorse minerarie di uranio.

Ma anche l’argomento della non competitività economica della tecnologia nucleare può valere solo in una situazione di agevole disponibilità di alternative energetiche. In una situazione di scarsità, nulla potrebbe impedire per motivi strategici agli Stati nazionali di sovvenzionare l’industria nucleare per rendere più conveniente l’investimento dei privati.

Quindi, l’unico limite veramente insuperabile dell’energia nucleare, almeno nella versione tecnologica attuale, è la consistenza delle risorse di uranio e l’argomento più efficace contro i progetti di costruzione di nuove centrali è a mio parere il rischio, più volte discusso su queste pagine elettroniche, di indisponibilità del combustibile durante il loro ciclo di vita.

Fonte informarexresistere

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